Parlare di Pescia non sembra, ma richiede tempo e molto spazio. Proprio per questo riprendiamo oggi il discorso interrotto qualche settimana fa, quando introducemmo questo argomento. Quindi la domanda, alla quale in parte abbiamo giá risposto, sorge spontanea:
Cosa c’è da vedere a Pescia?
Oltre alla Cattedrale di Santa Maria Assunta – sicuramente uno dei luoghi più rappresentativi di questa cittadina – da sempre considerata il capoluogo della Valdinievole – e alla chiesa di Santa Maria Maddalena di cui abbiamo già parlato, tanti altri sono i beni culturali che non possono mancare in un itinerario di visita degno di questo nome.
Uno di questi è senza dubbio l’Oratorio di Sant’Antonio Abate, vero e proprio capolavoro della pittura a fresco medievale.
La facciata dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate
Fondato alla metà del Trecento dagli Antoniani, dal punto di vista architettonico l’oratorio si distingue per le sue piccole dimensioni e per l’ingannevole aspetto modesto. Se infatti l’esterno – con la sua facciata in pietra nuda e il portale la cui unica concessione al decoro è data dalla lunetta semicircolare che lo sovrasta – passa quasi inosservato, l’interno invece è un tripudio di affreschi e colori.
L’edificio ha una pianta a croce latina terminante con un’abside rettangolare completamente affrescata, una navata unica e una copertura a capriate lignee. Nel transetto destro è conservata una Crocifissione di Gesù dell’artista locale Alessandro Bardelli databile alla prima metà del Seicento; in quello di sinistra si trova invece un’originale scultura lignea raffigurante la Deposizione di Cristo risalente al XIII (ma rimaneggiata con un restauro a metà Novecento) e facilmente attribuibile a quel periodo per questa iconografia molto diffusa in epoca romanica. La scultura, in origine completamente colorata, è conosciuta popolarmente come “i santi brutti”, forse per le sue caratteristiche formali non eccelse.
Gli affreschi di Bicci di Lorenzo nell’abside dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate
Ma l’elemento di pregio che distingue questo Oratorio sono certamente gli affreschi dell’abside e del presbiterio: opera di Bicci di Lorenzo, che vi lavoró dal 1421 al 1436, essi rappresentano le Storie di sant’Antonio abate e – nella lunetta sulla parete di fondo, intorno alla stretta monofora e sopra ad altre storie del santo – un’ Annunciazione. Sulla volta dell’abside, divisa in quattro vele, si vedono raffigurati i quattro Evangelisti mentre negli spazi dell’arco, sui pilastri e negli strombi della monofora si trovano variamente rappresentati angeli e santi.
La volta dell’abside con gli affreschi raffiguranti i quattro Evangelisti
La superficie quindi risulta completamente ricoperta di affreschi in ogni sua minima parte, in un trionfo di colori e immagini di ottima fattura, degni di un grande artista quale fu Bicci di Lorenzo, non ritenuto da tutti l’unico autore di questo capolavoro.
Per alcuni infatti sembra che il maestro abbia lavorato all’abbellimento dell’oratorio aiutato da un suo allievo, Marco da Montepulciano, al quale la critica ha attribuito gli affreschi nella parte bassa della parete di fondo. Sull’altare si trova un Crocifisso ligneo databile al XVII secolo.
Una veduta d’insieme dell’abside con gli affreschi di Bicci di Lorenzo
Curioso ricordare anche la storia dell’ordine che contribuì alla genesi di questo oratorio: gli Antoniani ( o frati del Tau) erano infatti un ordine appartenente alla regola agostiniana che ebbe origine in Francia intorno all’anno Mille ed era formato da laici guariti miracolosamente dalla malattia conosciuta come “fuoco di sant’Antonio”; i loro spedali – specializzati nella cura di questa malattia – si diffusero così velocemente in Europa, grazie anche alla fama di questi monaci, capaci di curare gli effetti di questo morbo molto frequente. In virtù della loro diffusa presenza sul territorio, giá nel Trecento essi possedevano e amministravano beni, come per l’appunto l’oratorio pesciatino.
La Madonna di Pie’ di Piazza a Pescia
Proseguendo con l’itinerario, anche altri edifici – nello specifico religiosi – meritano una sosta; uno di questi è la chiesa dei santi Pietro e Paolo, meglio nota come Madonna di Piè di Piazza.
Sita nella centralissima Piazza Mazzini (luogo dell’antico mercato, dal quale sembra aver avuto origine la città) la chiesa è popolarmente chiamata così perchè al suo interno si conserva un’immagine della Vergine affrescata su ardesia, che venne traslata da un tabernacolo situato sul ponte adiacente al Duomo fino all’inizio del 1606, momento della traslazione.
L’immagine della Vergine traslata nella chiesa della Madonna di Pie’ di Piazza
In realtà l’edificio è molto più antico e risale al 1447, anno in cui iniziarono i lavori per la sua costruzione, affidati ad Andrea Cavalcanti, chiamato anche il Buggiano e figlio adottivo del ben più noto Filippo Brunelleschi.
A lui infatti si richiama l’architettura della Madonna di Piè di Piazza, sulla cui facciata risalta il contrasto tra l’intonaco bianco delle pareti e il grigio scuro, quasi nero, delle modanature in pietra serena. Esse evidenziano la struttura architettonica dell’edificio, seguendo i più famosi esempi messi a punto dal grande maestro nella vicina Firenze durante lo stesso periodo, secondo quello stile che rivoluzionò l’idea architettonica rinascimentale.
La facciata della Madonna di Pie’ di Piazza
L’interno della chiesa è formato da un solo vano che fu oggetto di un intervento di riammodernamento a inizio Seicento, in occasione della traslazione dell’immagine mariana; durante questi lavori venne realizzato anche l’altare centrale, adornato da una pala d’altare opera di Alessandro Tiarini. Questa tela, raffigurante L’Eterno circondato da angeli venne concepita come la cornice dell’affresco su ardesia della Vergine. Notevole il soffitto a cassettoni lignei, finemente intagliati e dorati, che contribuiscono all’unicità di questo edificio, parte del grande patrimonio storico-artistico e monumentale di Pescia.
Il bellissimo soffitto a cassettoni lignei
Clara Begliomini